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non dirmi: “Scusa”

È tornato alla ribalta. Ne facevo a meno. Del tutto. Con uno scambio epistolare degno di un bambinone ridicolo 50enne con la passione per i film, che pensa divertente.
Mi ha inondato di mail infantili, dove sperava di sentirsi dire, dopo aver contribuito a rovinarmi la vita ed essere quindi sparito, che vivevo anora per lui. Gli ho spiegato come la pensavo. Ed è cascato dalle nuvole, come capita agli imbecilli che vogliono vedere solo quello che vogliono vedere.
Ha risposto a sua volta, sempre col giochino stupido del film, chiedendomi scusa. Odio l’espressione “scusa”. Che è spesso imperativa: “scusami”.
No. Non ti scuso. Nemmeno se me lo chiedi per favore. Ancor meno se me lo ordini.
Cosa vuol dire “scusa”? Serve a te come amuleto per sentirti a posto con la coscienza (“tu mi avevi scusato”, ora posso fare come niente fosse)? Io non scuso. Il modo migliore per perdermi è chiedermi scusa.
Mi basta sentirmi dire: “mi spiace”. Seguito da “non sapevo”, o “non avevo capito”. Questo ha senso. È un’attività del colpevole, riconosce le proprie responsabilità. Non delega alla vittima il “dovere della pulizia morale”.
Se mi avesse detto “mi spiace” avrei forse tenuto in considerazione di sopportare ancora – forse – la corrispondenza. Ma “scusami” no, è una violenza egocentrica ed inutile.
Ho gia’ chiuso con soddisfazione un’amicizia malata per lo stesso motivo.
E continuerò ad usarla come discriminante dell’intelligenza e della sensibilità delle persone

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Questa casa

Questa casa è un bozzolo.
È dove sono nata.
È dove son cresciuta.
È da dove son voluta scappare.
È dove vorrei tornare.
È dove ho paura di tornare.
È piena di ricordi che cerco di scacciare.
È piena di sensazioni che mi tornano in mente limpide.
Questa casa.

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Colonne sonore

Sentire le canzoni più ascoltate del mio iPod (unico pezzo di Apple che per ora ho consentito entrasse nel mio perimetro di sicurezza) equivale a fare un bagno nel passato. Non sempre privo di controindicazioni emotive.

Bambolina e barracuda è quel viaggio in autobus verso Lecce. 8 ore a non pensare, a veder scorrere alberi e strada e pioggia aspettando di arrivare.

With or without you è la sveglia delle 5.45 di tante ma non troppe anzi poche mattine.

Yammamara è quel luogo non luogo dove io divento io pur continuando ad indossare la maschera. È sere lontane da qualcuno che ti manca ma nello stesso tempo sei soddisfatta di quanto stai facendo ed il diversivo è catartico.

I still haven’t found what I’m looking for è la strada del mattino, strada fatta cantando a squarciagola per non addormentarmi perché è troppo presto. È sulla Via di Vermicino, più o meno prima di prendere la Tuscolana. Li’ dove c’è già coda e tu devi ancora arrivare fino all’Eur. Ma ti stai allontanando dal nido che ti aspetterà la sera, dove troverai quello che ti sei convinta di volere, e allora va bene anche cosi’.

Desire è pochi Km dopo. Ed è cantata ancora più forte, perché il sonno in coda aumenta.

Bar Mario è Viale Oreto, a Palermo, aspettando che si arrivi ma l’autobus è rimasto bloccato. E pensi a cosa ti aspetta e che ancora pochi giorni e poi stacchi.

A che ora è la fine del mondo è la sua cucina, mentre lo aspettavi al rientro dal suo lavoro, ascoltata sullo stereo bello da vedere come bello da sentire.

Sono più di 14 anni, due amori, tanti Km, tante lacrime, un’infinita’ di pensieri.

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Capiamoci

Non ho festeggiato. Niente. Se non il minimo sindacale.

Il mio abito da sera è stata la tuta, con sotto la camicia da notte. La mia giarrettiera rossa erano i gambaletti antistupro di microfibra per tenere caldi i piedi. I miei sandali stile Sex and the City un paio di ciabatte della De Fonseca piuttosto sformate.

“Ma non si può non festeggiare i 40 anni!” Ohgià che si può. Ed eccolo dimostrato. Poi, dico, perché BISOGNA farlo? Non ne ho nessuna intenzione. Fossi stata al caldo, ai miei 40 gradi, forse sarei andata in giro col naso all’insù o forse no. Ma così, perché BISOGNA farlo?

Il Capodanno è passato più in sordina. O si è sparsa la voce che sono un orso, oppure le follie degli ultimi anni, con invii massivi di sms tutti uguali e tutti altrettanto noiosi (o fastidiosi) hanno smesso di ripetersi, a danno SOLO dei gestori telefonici.

Non l’ho fatto con piacere, di starmene in casa a crogiolarmi in tuta. Ma non avrei nemmeno fatto con piacere l’essere obbligata a divertirmi.

Certo, avrei voluto POTERMI divertire, ma troppe sono le condizioni che non me lo consentono. E quindi è andata così

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-27 a Natale

un sitone con un po’ di tutto http://www.allthingschristmas.com/

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devo

devo prendere tempo per me

devo smettere di lavorare anche al di fuori dell’orario lavorativo (ed oggi ho sbagliato a rispondere al telefono, di domenica)

devo fare qualcosa che mi faccia star bene indipendentemente dal lavoro, perché io non sono solo lavoro

devo cancellare le finte amicizie su facebook che non servono a niente. E prima ancora quelle su twitter, dove non serve che sia gentile e carina e coccolosa (ammesso che)

devo ricostruire la mia autostima

devo

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Eh ma che noia…

The Stig looking serious

…La Repubblica è cascata di nuovo in una bufala grande come una casa.

Ha fatto tutto ‘sto articolo (più che altro una gallery di BEN 2 foto) in cui parrebbe si stia correndo il rischio di veder svelata la vera identità di Stig, il super-pilota di Top Gear.

PECCATO CHE sia piuttosto noto che non esista UN UNICO Stig; molte case automobilistiche chiedono che le vetture siano guidate da loro collaudatori. Addirittura, l’unica volta che Stig si è tolto il casco è risultato essere Michael Schumacher, che infatti aveva appena effettuato una prova della Ferrari.

Compliments, La Repubblica. Almeno, in questo caso, un risvolto positivo ci sarà: promuovere Top Gear in Italia. Sempre troppo poco conosciuto per il programma che è!

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10 video da non perdere

Questa è davvero una bella collezione di video da godersi su YouTube

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Creare ed attrarre

M’impegno.

Perché voglio cambiare davvero. Voglio iniziare a creare la mia vita. Ci credo, so che posso farlo.

E’ difficile costruire i propri pensieri dopo tanti anni di convinzioni.

Troppo facile trovarsi l’alibi del “ci vorrebbe più tempo”. Il tempo DEVO trovarlo, perché avere una nuova vita, la mia nuova vita, quella che sogno, merita tutto il tempo che occorre per pensare

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