non dirmi: “Scusa”

È tornato alla ribalta. Ne facevo a meno. Del tutto. Con uno scambio epistolare degno di un bambinone ridicolo 50enne con la passione per i film, che pensa divertente.
Mi ha inondato di mail infantili, dove sperava di sentirsi dire, dopo aver contribuito a rovinarmi la vita ed essere quindi sparito, che vivevo anora per lui. Gli ho spiegato come la pensavo. Ed è cascato dalle nuvole, come capita agli imbecilli che vogliono vedere solo quello che vogliono vedere.
Ha risposto a sua volta, sempre col giochino stupido del film, chiedendomi scusa. Odio l’espressione “scusa”. Che è spesso imperativa: “scusami”.
No. Non ti scuso. Nemmeno se me lo chiedi per favore. Ancor meno se me lo ordini.
Cosa vuol dire “scusa”? Serve a te come amuleto per sentirti a posto con la coscienza (“tu mi avevi scusato”, ora posso fare come niente fosse)? Io non scuso. Il modo migliore per perdermi è chiedermi scusa.
Mi basta sentirmi dire: “mi spiace”. Seguito da “non sapevo”, o “non avevo capito”. Questo ha senso. È un’attività del colpevole, riconosce le proprie responsabilità. Non delega alla vittima il “dovere della pulizia morale”.
Se mi avesse detto “mi spiace” avrei forse tenuto in considerazione di sopportare ancora – forse – la corrispondenza. Ma “scusami” no, è una violenza egocentrica ed inutile.
Ho gia’ chiuso con soddisfazione un’amicizia malata per lo stesso motivo.
E continuerò ad usarla come discriminante dell’intelligenza e della sensibilità delle persone

Informazioni su mattonidinchiostro

parole che non volino solo nella mente
Questa voce è stata pubblicata in riflessioni e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento